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Il colore ci parla. Racconta di mondi lontani, perduti nella vastità dello spazio e del tempo. Il colore è vita, ricchezza, espressività. Il colore è l’arte di Gianfranco Gobbini, pittore astratto che costruisce l’architettura dei propri dipinti attraverso complesse stratificazioni cromatiche. Apparentemente prive di struttura le sue opere celano all’interno un attento schema compositivo, necessario a che il dipinto possa trasmettere emozione semplicemente affidandosi al potere evocativo del colore: i rossi, i blu, i gialli e tutte le gamme intermedie, liberano lo spirito sulla tela formando onde di energia cromatica. Non c’è volontà di mimesi, non c’è il richiamo alla natura, semmai si potrebbe dire che quest’ultima è insita nel colore stesso. L’artista non vuole condurci in nessun luogo, ma aprirci ad un’esperienza unica, vissuta attraverso le gamme cromatiche. Farci sprofondare in abissi di colore: entrare nel mistero della pittura, circondati dalla magia dell’arte. Le masse di colore in fusione e sovrapposizione esprimono la forza dei pianeti nelle fasi originarie, cristallizzano fluidità materiche in spazi puri. Anche le sabbie ed altri materiali concorrono ad esaltare la dinamica materica di superficie, richiamando istintivamente le esperienze di quegli artisti come Alberto Burri o Lucio Fontana, che scelsero di lavorare con materiali estranei alla pittura. Questa ricerca porta Gobbini a risultati dove il colore definisce una forma che risponde solo alla propria interiorità. Nascono, in questo senso, nuove possibilità: luoghi del “sentire”, dove il “vedere” è lasciato allo spettatore. Sono nebulose cosmiche nascenti; flussi organici cellulari; pianeti in formazione; il flusso delle acque nelle foci fluviali; la potenza delle maree. Un ribollire di possibilità dove la casualità agisce come stadio predisposto al raggiungimento di un risultato sempre valido. Su tutto aleggia la tradizione statunitense del Color-field che dette origine negli anni Cinquanta alla grande stagione dell’Espressionismo astratto, dove la superficie pittorica diventava territorio riservato esclusivamente al colore in tutta la sua autonomia espressiva. Ma la forma geometrica non è del tutto negata, anzi risorge dall’amalgama pittorica come un fiore che sboccia e richiama le geometrie non euclidee. C’è un ordine nella pittura di Gobbini, ma non si tratta del consueto rigore tridimensionale cui siamo abituati, piuttosto di una dimensione frattale non estranea alle inafferrabili geometrie delle nuvole o delle galassie. Ed è innegabile il potere evocativo di queste “incubatrici di vita” che divengono metafora di conoscenza: un fiore che è allusione di vita sbocciata; che è il centro dell’universo o una finestra aperta su nuovi mondi; o forse il ventre della madre che mette al mondo nuova vita. Il colore di Gobbini prende la strada per testimoniare il mistero dell’invisibile, interpretabile solo ascoltando la propria anima; un mistero che l’arte ricorda appartenere solo all’uomo.

EN

The colour speaks to us. It tells us about distant worlds, lost in the vastness of space and time. Colour is life, richness, expressiveness. Colour is Gianfranco Gobbini’s art, abstract artist who builds the architecture of his paintings through complex chromatic layers. Apparently lacking in structure, his works hide inside a devoted compositive pattern, essential to let the paint spread emotions, simply trusting in the evocative power of colour: reds, blues, yellows and all the halfway hues, releasing the spirit in the canvas and forming chromatic energy waves.There’s no will of reproducing nature, we could say that it’s intrinsic in the colour itself. The artist doesn’t want to bring us somewhere in particular, but he wants to show us the entrance to a unique experience, which can be experienced thanks to colour shades. He wants to make us fall into a colour abyss: dive into the painting’s mystery, surrounded by art’s magic. The melting and ovelapping colour masses, express the planet’s power in the early stages, crystallizing solid fluidity in pure spaces. Even sands and other materials contribute to glorify the outward material’s dynamics, instinctively recalling the experiences of artists like Alberto Burri or Lucio Fontana, who chose to work with things unknown to painting. This research leads Gobbini to find results where colour defines a shape that only answers to his inner reality. In this way new possibilities take life, places where “to see” and “to feel” is left to the spectator. We can find forming cosmic nebulas; organic cells’ flow; borning planets; the water’s course in a river outlet; the tides’ power. A ferment of possibilities in which the randomness acts as a step to reach an answer that is always valuable and never wrong. We can surely see the US Color-field tradition fluttering above all this, as it gave, during the ‘50s, a great period to abstract expressionism, where the painting surface became a territory only reserved for colour in its expressive independence. However the geometric shape isn’t completely left aside, on the contrary it revives from the pictorial mix as a blooming flower and recalling a non-Euclideal geometry. There’s an order in Gobbini’s painting, but it’s not about the usual three-dimentional rigour that we used to know, instead it is a fractal dimension that is not extraneus to the elusive geometries of clouds and galaxies. The evoking power of these “life incubators” is undeniable and it becomes a knowledge’s metaphor: a flower that is an allusion of a blooming life; that is the center of the universe or a window opened towards new worlds; or maybe it’s the mother’s womb that is giving a new life. Gobbini’s colour takes a path to bear witness to the invisible’s mystery, to interpret listening to your own soul; a mystery that, as art always reminds us, only belongs to men.

Giallo come l'ORO - Yellow like GOLD

La pittura di Gianfranco Gobbini elabora un complesso sviluppo di elementi cromatici...

perigonio

pittura con pigmenti di zafferano
e acrilico su tela

libellula

pittura con pigmenti di zafferano,
acrilico su cartoncino e legno

Lavico

Lavico 100x100 anno 2018 pittura
con pigmenti di zafferano e acrilico
(polimaterico)

Enigma

Enigma 100x70 anno 2018 pittura
con pigmenti di zafferano e acrilico
su tela (polimaterico)

Amata terra

Amata terra 98x61 anno 2016 pittura con pigmenti
di zafferano e acrilico su cartoncino e legno

Visione desertica

150x100 anno 2018
pittura con pigmenti di zafferano e acrilica su tela
, polimaterico

Flamenco

100x70 anno 2018
pittura con pigmenti di zafferano e acrilico su tela

Galassia

70x100 anno 2017
pittura con pigmenti di zafferano e acrilico
, polimaterico

Folgorato

70x82 anno 2017
pittura con pigmenti di zafferano e acrilica
su mediodensit
, polimaterico

Oasi

70X50 anno 2018
pittura con pigmenti di zafferano acrilico su tela
, polimaterico

Nel Profondo

pittura acrilica su tela (polimaterico)

Universo

70x82 anno 2016
pittura con pigmenti di zafferano
e acrilico su mediodensit

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Giallo come l’oro YELLOW LIKE GOLD
Nel corso della propria ricerca Gobbini si sofferma spesso sul colore giallo. Molte delle sue opere hanno come protagonista questo pigmento, in alcuni casi steso in forma compatta, altre attraverso dialoghi informali con colori opposti o semplicemente diverse tonalità. Nella scala cromatica il giallo occupa la posizione immediatamente successiva al bianco e simboleggia l’energia del sole. Non a caso in Cina è simbolo di saggezza. Questa naturale tendenza al giallo ha trovato oggi una nuova forma di espressione, sfruttando un elemento naturale che l’artista reperisce nel proprio territorio: lo zafferano. Da sempre, infatti, i colori si sono ottenuti attraverso elementi naturali di origine vegetale, animale o minerale. Non è dunque inusuale sfruttare uno di essi per ricavare una specifica pigmentazione. Da ricordare, a proposito, l’uso che nell’antica Persia si faceva dello zafferano, derivando il suo nome proprio dal persiano “safra”, cioè “il giallo”, rimandando al tema dell’oro, della luce e quindi della saggezza, e per questo utilizzato in alcune funzioni sacre. Anche gli abiti dei monaci buddisti, non a caso, erano anticamente tinti con lo zafferano ed anche lo storico Plinio ricorda come i Fenici si servissero dello zafferano per dipingere le loro stoffe. Una tradizione che affonda le proprie radici nel tempo e che Gobbini recupera realizzando una serie di opere dove il colore giallo è esclusivamente ricavato attraverso lo zafferano. Da qui emergono le variegate cangianze cromatiche dall’arancio al giallo oro, a seconda della diluizione, ma sempre alternate alla consueta pittura informale che contraddistingue Gobbini. Emerge la forma ancestrale e reinterpretata del fiore, talvolta assumendo conformazioni estranee alla sua stessa natura. È piuttosto l’energia che ne deriva, il potere evocativo cui vuol giungere Gobbini, in parte omaggiando qualcosa che appartiene alla propria tradizione territoriale, ma soprattutto esaltando il valore cromatico di questa sostanza rara e pregiata, considerata alla stregua dell’oro nell’ambito culinario per la difficoltà di reperimento ed il conseguente alto costo. Dunque una preziosità materiale e immateriale, perfetta per esprimere ancora una volta ai massimi livelli il mistero di una pittura che affida al colore il compito di raccontare la nostra storia e le nostre tradizioni.

EN

During his research Gobbini often insists on yellow colours. Many of his works have this pigment as a main character, sometimes spread in a uniform way, some other times through informal dialogues with opposite colours or simply differnt tones. In the chromatic range yellow occupies the position just next to white and it symbolizes the sun’s energy. It’s not a coincidence that in China it’s a symbol of wisdom. This natural inclination towards yellow finds today a new style, taking advantage of a natural element that the artist finds in his own territory: the saffron. In fact men are used to obtain, eversince, different pigments starting just from natural ingredients, extracting them from plants, animals or minerals. So it’s not unusual to take advantage of one of them to get a precise pigmentation. We should remember, for this reason, the use of saffron in ancient Persia (its name derives from the Persian word “safra”, which means “yellow”) recalling gold, light and so wisdom and for this reason often used during sacred ceremonies. Also the Buddhist monk’s dresses, were, in past times, dyed in saffron and the historian Plinio remembers how Phoenicians as well used saffron to dye their textiles. A tradition that has deep roots in time and that Gobbini retrieves realizing a series of works where yellow is exclusively obtained from saffron. It is because of this that we can feel the varied chromatic shades from orange to gold, depending on the diluition, but always alternated with the usual informal painting that characterizes the artist. We can see flower’s ancestral shape emerging and being reinterpreted, sometimes acquiring forms that are unknown to his nature too. It’s rather the energy that derives from that, the evocative power that is Gobbini’s aim, maybe honouring something that belongs to his local culture, but mostly glorifying the chromatic value of this precious and rare substance, considered like gold in the culinary framework, for how hard it is to find and for the resulting high price. In the end a tangible and intangible preciousness, once again perfect for expressing to the highest levels the mystery of a painting style that gives colour the custody of telling our story and our traditions.