Parlano di me...

La pittura di Gianfranco Gobbini elabora un complesso sviluppo di elementi cromatici...

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ECOMORFOSI
Da tempo il lavoro di Gianfranco Gobbini si è concentrato su temi strettamente legati alla Terra. Dalle prime esperienze dei quadri materici, ispirati a superfici vulcaniche, passando per le opere orientate su panorami desertici, fino alle più recenti tele dedicate agli atolli marini, il suo lavoro si è sempre, istintivamente,legato alle dinamiche naturali. In un’epoca di difficile relazione tra l’operato umano e l’ambiente, appare dunque premonitore,capace di stimolare la riflessione verso le dinamiche nascoste dei processi mutativi uomo-ambiente. Ecomorfosi nasce da tali premesse, un progetto ambizioso che lo vede impegnato su vari fronti e in varie regioni d’Italia, pur restando saldamente ancorato al proprioterritorio. Si è pertanto deciso di strutturare il percorso esplicativo di tale esperienza in quattro segmenti, rispettivamente riferiti ad altrettante strade intraprese dall’artista nella sua produzione. La partenza non è obbligata, ma rispetto alle priorità d’intervento che il cambiamento climatico impone, sembra importante procedere dalle opere ispirate al ghiaccio, genericamente definite nella sezione Glaciale. Qui Gobbini si concentra sui toni dei bianchi, spaziando attraverso la sua consueta maniera, in alternanza con colorazioni grigio azzurre e restituendo l’intensità materica delle calotte polari o dei ghiacciai montani. Il candore di fondo appare dunque corroso da interventi cromatici deturpanti, ma che non tolgono all’insieme il valore evocativo originario. Gobbini evoca la forza di tali aree del pianeta che oggi sono le più fragili e in pericolo e che dobbiamo proteggere per prime poiché da esse deriva tutto il resto. Si prosegue dunque con la seconda sezione intitolata Desertico, intercettando un tema chel’artista porta avanti da tempo, come testimoniato all’opera Visioni desertiche, già vincitrice alla Biennale di Bari col “Premio Artista del Mediterraneo”. Oggi questo aspetto ha assunto un valore nuovo, ricollegandosi ad esperienze precedenti che dimostrano come tale sensibilità fosse già ampiamente sviluppata. Nei desertici emerge tutta la forza desolante di un futuro che è proprio legato al destino dei ghiacciai e che sembra in Gobbini assumere i caratteri di una tragica previsione. Opere in cui si evidenzia l’attenzione tecnica dell’artista verso le materie e il suo linguaggio neo-informale assume una delle più alte espressività, grazie alla capacità di interpretare al meglio la dinamica degli elementi pittorici. Al tema dei ghiacciai e dei deserti si lega dunque quello delle acque, sviluppato nella sezione Oceanico. Opere dominate dall’energia degli azzurri in una sapiente cesellatura del tessuto pittorico, dove l’opera di Gobbini intercetta straordinariamente le dinamiche dei flussi naturali. Si riconoscono atolli marini e coste frastagliate, ma ciò che maggiormente rende questa sezione in linea con la ricerca dell’artista è il gestualismo cromaticocapace di determinare le stesse dinamiche della natura. Il suo operare con i colori viscosi e con le materie pesanti, ricrea sulla tela gli stessi processi naturali della Terra. Aspetto, quest’ultimo, sottolineato fin dalle prime mostre, ma che oggi s’impone con maggiore consapevolezza facendo dell’artista una voce cosciente e forte proprio di quei processi naturali cui tutti siamo sottoposti. Infine, la sezione Lavicodove si riprende uno dei primissimi temi affrontati da Gobbini, forse il primo che abbia effettivamente spinto l’artista ad una consapevole ricerca verso tali scenari. Nei lavici si è sempre rinvenuta laforza della sua pittura intesa sia come gestualità cromatica che come forza materica. I Lavici, fin dalla loro prima comparsa, hanno spinto il pittore verso la consapevolezza di un lavoro ben maturato. In queste opere c’è il poteredegli elementi primordiali, l’energia della terra e dei pianeti in formazione. Per questosembra ben predisposto a chiudere questo itinerario di analisi, richiamando la condizione cosmica della Terra, del pianeta in formazione, dell’energia tellurica. Tutti elementi primari chesottintendono la vitalitàplanetaria come richiamo assoluto a quelle dinamiche interne cui tutti siamo sottoposti. Dunque le metamorfosi materiche che vediamo nelle opere di Gobbini divengono adesso “ecomorfosi”, attraverso il richiamo ad un neologismo che calza a pennello col momento storico. Le trasformazioni ambientali coincidono con quelle umane in una sorta di richiamo indissolubile verso una nostra responsabilità. L’artista, come chiunque altro, ne è testimone, ma più di chiunque altro comprende come la ricerca del bello passi proprio attraverso il riconoscimento di una bellezza superiore incarnata dalla natura.
Dott. Andrea Baffoni

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ECOMORPHOSIS
For some time, Gianfranco Gobbini's work has focused on themes closely linked to the earth. From the first experiences of material paintings inspired by volcanic surfaces, works oriented towards desert panoramas, and most recently, canvases dedicated to marine atolls, his work has always been instinctively linked to natural dynamics. In an era of difficult relations between human actions and the environment, it appears prescient, capable of stimulating reflection towards the hidden dynamics of man-environment mutative processes. Ecomorphosis was born from these premises, an ambitious project that engages on various fronts and in various regions of Italy, while remaining firmly anchored to its territory. It was therefore decided to structure the explanatory path of this experience into four segments, respectively referring to as many paths undertaken by the artist in his production. Given the intervention priorities that climate change now imposes, it is appropriate to begin with the works inspired by ice, generally presented in the Glacial section. Here Gobbini focuses on white tones with his usual approach, alternating with blue-grey colors and restoring the material intensity of the polar ice caps or mountain glaciers. The underlying whiteness therefore appears corroded by disfiguring chromatic interventions, but they do not detract from the original evocative value of the whole. Gobbini evokes the strength of these areas of the planet which today are the most fragile and endangered and which we must protect first because everything else is dependent on them. We then continue with the second section entitled "Desertico", tapping into a theme that the artist has been pursuing for some time, as evidenced by the work Visioni Desertiche that was the winner of the "Mediterranean Artist Award" at the Bari Biennale. Today this subject has taken on new importance, reconnecting to previous experiences which demonstrate how this sensitivity was already widely developed. In the deserts, the impact of a desolate future emerges which is directly linked to the fate of the glaciers and which in Gobbini seems to take on the characteristics of a tragic prediction. The artist's technical attention towards the material is strongly evident in his art, and his neo-informal language is highly expressive, thanks to his ability to interpret the dynamics of the pictorial elements. Water theme, developed in the section "Oceanico", is therefore linked to glaciers and deserts. This group of works is dominated by the energy of shades of blue in a skillful chiseling of the pictorial subject, where Gobbini's work extraordinarily intercepts dynamics of natural flows. Marine atolls and jagged coasts can be recognised, but what most makes this section in line with the artist's research is the chromatic gesturalism capable of determining the same movements of nature. His work with viscous colors and heavy materials recreates the same natural processes of the Earth on the canvas. This latter aspect has been underlined since first exhibitions, but it’s today known with a greater awareness, making the artist a conscious and strong voice of those natural processes to which we are all subjected. Finally we find "Lavico" section, where one of the very first themes faced by Gobbini is revisited, perhaps the first that actually pushed the artist into conscious research towards such scenarios. The strength of his painting has always been found in Lavico works, understood both as a chromatic gesture and as a material energy. Lavico, since their first appearance, have pushed the painter towards the awareness of a well-matured work. In these works there is the power of primordial elements, the energy of the earth and planets. For this reason he seems well prepared to close this itinerary of analysis, recalling the cosmic condition of the Earth, of the planet in formation, of telluric energy. All primary elements that imply planetary vitality as an absolute reminder of those internal dynamics to which we are all subjected. Therefore, material metamorphoses that we see in Gobbini's works now become "Ecomorphosis", through the reference to a neologism that fits perfectly with the historical moment. Environmental transformations coincide with human ones in a sort of indissoluble reminder about our responsibility. The artist, like anyone else, is a witness to this, but more than anyone else he understands how the search for beauty, passes exactly through the recognition of a superior beauty embodied by nature.
Dr. of Art History Andrea Baffoni

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Poco prima di morire nel luglio 2023, un valido intellettuale europeo ha detto che l’Europa nella modernità degli ultimi due secoli ha sostituito Dio con la cultura e che ora, nei contorcimenti contemporanei, è la cultura a cedere il passo a un nuovo orizzonte psicologico-culturale che però non si sa bene quale sia. Concordando con lui, penso che l’odierno orizzonte mentale di massa possa chiamarsi Frastuono. Di voci, concetti, immagini e input, ove tutto tende a confondersi quindi pareggiarsi, anche mirabilmente -volendo- come nuovo brodo primordiale da cui chissà cosa potrà scaturire, ma che fatalmente oggi pone la persona nel mezzo di un fiume in piena paurosa. Le persone che amano conservare autonomia si difendono dal frastuono con i propri pensieri interiori e le parole con i prossimi. L’artista -analogamente- affida al suo linguaggio indagine e rappresentazione dei propri pensieri, umori e considerazioni e quanto più riesce a farlo con intima soddisfazione tanto più conferma la propria natura di messaggero, di amico che nulla chiede ma solo vuole offrire, ove la sua mano guidata dai pensieri ma pure creatrice di questi, si svolge sulle tele e sulle opere come lunga silenziosa e solitaria cantilena, o laica preghiera, come rosario di dettagli infinitesimi e infiniti. La mano si svolge e riavvolge materiali, forme, invenzioni, espedienti, impastati di quei pensieri generatori di reciproco influsso. Ma cosa ci dice la necessità di Gianfranco Gobbini di inventare nuovi impasti, nuovi pigmenti, colori totalmente propri? Come possibile che l’immensa offerta commerciale di prodotti per l’arte di ogni tipo non soddisfi un singolo artista? Ci dice che al frastuono l'artista reagisce andando alla radice estrema, alla verifica totale o perfino riscrittura dei codici del linguaggio, a partire dagli stessi materiali base compresi pennelli, spatole e ferretti appositi che Gobbini ordina al fabbro. L’artista nel frastuono non si fida e ha bisogno di scomporre i codici del linguaggio fino all'ameba, a evocazioni telluriche, paesaggi lunari, a forme e accostamenti inediti, spine dell'anima come geografia della mente; insomma se ne inventa uno tutto suo -di linguaggio- ma di nuovo sicuro, che nessuno può smentire, non opinabile, totalmente proprio. In questo andare/tornare alla radice di tutto, la forma astratta si mostra più adatta per l’immersione totale di cui l’artista ha bisogno, essa esprime meglio le note infinite della sinfonia/cacofonia del mondo; essa non è gratuita, occasionale o priva di qualsiasi riferimento, bensì origina da un suo pensiero, impressione, considerazione, le più diverse che la vita quotidiana pone nella mente di un uomo. L'ispirazione a una nuova opera, magari mentre guida (allora o si ferma e prende appunto oppure se la tiene in evidenza fino casa), è precisa e concreta, una parola del giornale radio, una scena per la strada. Tornato a casa si accinge sulla tela. Due pensieri ricorrono frequenti, l’equilibrio che l’uomo contemporaneo deve meglio raggiungere nell’ecosistema e il paesaggio inteso nel senso pieno della parola, non solo panorama bensì, prendendo le parole di Benedetto Croce, paesaggio come volto della storia, ove un filare di viti o di olivi è la biografia del nonno o di un antenato. Così il procedere silente e autonomo nella sua bottega o soffitta distilla le sintesi necessarie alla vocazione di messaggero di comprensione. Da questo processo interiore Gobbini informa il proprio personale linguaggio; egli si descrive autodidatta e racconta che da bambino rimane attratto dai colori e dalla pittura. C’è da credere che i suoi colori inconfondibili, il giallo in ispecie, la loro forza e arditezza, attingano direttamente al bambino e all’adolescente; questi forse sono la sua àncora nel frastuono, e sorgente profonda. Sovente al centro dell'opera si forma una fenditura o crepaccio da cui sgorgano i colori e gli impasti a rilievo, che colano sui vari versanti della tela e le sue mani accompagno guidano, picchiarellano e spalmano a formare gli angiporti cromatici dei suoi pensieri, del suo primo pensiero che dette origine e energia a quell’opera. Dei suoi colori è stata evocata la parola abisso, che suona giusta e pertinente; egli introduce infatti un colore dentro un altro creando una profondità esaltata dallo spessore degli impasti, comunque restituendo complessità orizzontali e verticali che richiamano tutta la storia del mondo compresa la tridimensionalità dei pensieri di un uomo, di una persona. Straordinario che per un giallo così importante, Gobbini si plachi solo col pigmento di zafferano che trova sotto casa. Parlandoci, visitandolo nel suo atelier, colpisce come tocca la tela di cui sta parlando, come ficca il dito indagatore dentro il colore e i suoi impasti, fa venire in mente un famosissimo San Tommaso… Ma l’astratto di Gobbini non è ostile al figurativo; non solo talora lo individua e lo lavora discreto nei meandri spontanei dell’astratto, bensì vi si conduce lentamente però fermandosi alla soglia. Delicatissimo questo fermarsi alla soglia senza varcarla. Avviene di frequente nelle farfalle e nei fiori. In sole due opere entra sia pure in punta di piedi nel figurativo. E’ quella straordinaria Madonna composta di tutti i consolidati codici di Gobbini magicamente ricomposti nella figura che prega e culla, accompagnata dai vasti panneggi, rilievi, spessori, colori cangianti che tutti assieme sintetizzano nel manto quella stessa totalità del mondo e meglio dell'universo cui l’artista sente necessario fare riferimento. Ed è la scultura di un ceppo di legno ove del lupo appena sbozzato verso il cielo si protende non il muso bensì il suo solitario ululato alla luna. Ad opera finita, rimirata a distanza e angoli diversi, ecco sopraggiungere il titolo, spesso una sola parola, col compito di contenere come uno scrigno tutto il processo mentale. Con ciò l’artista sarà placato e appagato anche qualora l’opera dovesse andarsene lontana. Se arte è quell’opera che sa fermare il passante -almeno per un attimo- e indurlo a evocazioni profonde, Gobbini vi riesce in pieno. Le sue opere e il suo volto dicono di un lavoro che è riuscito nell’intento. L’ancoraggio alla psiche dell’adolescente che come linea vita lo tiene lucido tra i marosi del mondo ci ricorda che il miglior destino di un uomo è rimanere ragazzo. 01 Agosto 2023 Associazione Nazionale per la Tutela del Patrimonio Storico, Artistico e Naturale della Nazione.
Presidente Italia Nostra Dott. Arch. Luigi Fressoia

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Shortly before his death in July 2023, a worthy European intellectual said that Europe in the modernity of the past two centuries has replaced God with culture and that now, in contemporary contortions, it is culture that is giving way to a new psychological-cultural horizon which is yet undefined. Agreeing with him, I dare to speculate that today's mass mental horizon may be called Phrastuon. Of voices, concepts, images and inputs, where everything tends to blur then equalize, even admirably -wanting- as a new primordial broth from which who knows what may arise, but which today places the person in the midst of a fearsome flood river. People who like to preserve autonomy defend themselves from the din with their own inner thoughts and words with their neighbors. The artist similarly entrusts to his own language investigation and representation of his own thoughts, moods and considerations, and the more he is able to do this with intimate satisfaction, the more he confirms his own nature as a messenger, as a friend who asks nothing but only wants to offer, where his hand guided by thoughts but also the creator of them, unfolds on the canvases and works as a long silent and solitary chant, or a secular prayer, as a rosary of infinitesimal and infinite details. The hand unfolds and rewinds materials, forms, inventions, contrivances, kneaded with those mutually influential generative thoughts. But what does the need to invent new doughs, new pigments, and colors as totally one's own tell us? How is it possible that the immense commercial supply of art products of all kinds does not satisfy a single artist? It tells us that to the din, the artist reacts by going to the extreme root, to the total verification or even rewriting of the codes of language, starting with the same basic materials including brushes, spatulas and special needles that Gobbini orders from the blacksmith. The artist in the hubbub does not trust and needs to break down the codes of language down to the amoeba, to telluric evocations, moonscapes, to unprecedented forms and juxtapositions, and to thorns of the soul as geography of the mind; in short, he invents his own -of language- but remains secure that no one can disprove or question as being totally his own. In this coming and going to the root of everything, the abstract form is shown to be more suitable for the total immersion that the artist needs; it better expresses the infinite notes of the symphony/cacophony of the world; it is not gratuitous, occasional or devoid of any reference, but rather originates from its own thought, impression, consideration - the most diverse that daily life poses in the mind of a man. The inspiration for a new work, perhaps while driving (he either stops and takes notes or he holds it in his mind until home), is precise and concrete, a word from the radio, newspaper, or a scene in the street. Back home he sets about the canvas. Two thoughts recur frequently: the balance that contemporary man must better achieve in the ecosystem and the landscape understood in the full sense of the word. It is not simply landscape but rather (taking the words of Benedetto Croce) landscape as the face of history, where a row of vines or olive trees is the biography of a grandfather or ancestor. Thus the silent and autonomous proceeding in his workshop or attic distills the syntheses necessary for his vocation as a messenger of insight. From this inner process, Gobbini informs his own personal language; he describes himself as self-taught and relates that as a child he was attracted to colors and painting. It is to be believed that his unmistakable colors - especially yellow - their strength and boldness, draw directly on the child and adolescent; these are perhaps his anchor in the din and his inspiration. Often a fissure or crevasse forms in the center of the work, from which the colors and relief impastos flow out, dripping onto the various sides of the canvas, and his accompanying hands guide, tap and smear to form the chromatic angiports of his thoughts, of his first thought that gave origin and energy to that work. Of his colors the word abyss has been evoked, which sounds right and pertinent; in fact, he introduces one color within another creating a depth enhanced by the thickness of the impastos, however restoring horizontal and vertical complexities that recall the whole history of the world including the three-dimensionality of the thoughts of a man, of a person. Extraordinary that for such an important yellow, Gobbini is satisfied only with the saffron pigment he finds under his house. Talking to him, visiting him in his studio, it is striking how he touches the canvas he is talking about, how he pokes his inquiring finger inside the color and its mixtures, bringing to mind a very famous St. Thomas... But Gobbini's abstract is not hostile to the figurative; not only does he sometimes locate it and work it discreetly into the spontaneous meanders of the abstract, he leads himself there slowly, stopping just at the threshold. This approach of stopping at the threshold without crossing is very delicate. It occurs frequently in butterflies and flowers. In only two works does he enter, albeit on tiptoe, into the figurative. It is that extraordinary Madonna composed of all the established codes of Gobbini magically recomposed in the figure that prays and cradles, accompanied by the vast draperies, reliefs, thicknesses, and iridescent colors that all together synthesize in the mantle that same totality of the world or better, of the universe to which the artist feels it necessary to refer. And it is the sculpture of a log of wood of the freshly hewn wolf that stretches out toward the sky not its snout but rather its solitary howl to the moon. When the work is finished, viewed at different distances and angles, the title arrives, often a single word, with the task of containing like a vault the whole mental process. With this, the artist will be placated and fulfilled even if the work were to go far away. If art is that work that knows how to stop the passerby -at least for a moment- and induce him to deep evocations, Gobbini succeeds in this. His works and his face tell of a work that has succeeded in its intent. The anchoring to the adolescent psyche as a lifeline keeping him lucid amidst the storms of the world reminds us that a man's best destiny is to remain a boy. August 01, 2023 National Association for the Protection of the Nation's Historical, Artistic and Natural Heritage.
President Italia Nostra Arch. Luigi Fressoia

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L’arte e la cultura sono il cuore pulsante di ogni società civile, arricchimento personale per tanti di noi, ma anche sostegno ad una economia che tende a crescere nel nome della “bellezza” e del “benessere” che ci aiuta a vivere al centro di una comunità ricca di valori. E’ principalmente per questo motivo che il Gal Trasimeno Orvietano ha deciso di sposare attività culturali diffuse nella sua missione principale che è lo sviluppo ed il sostegno alle economie a prevalente vocazione rurale e/o cosidette marginali, affinchè tali territori possano invece diventare protagonisti del proprio presente e del proprio futuro, aspirando ad una qualità della vita grazie ad un mosaico fatto di ambiente, enogastronomia, paesaggio, tradizioni e sensazioni come quelle che ci può dare anche l’attività artistica di un pittore come Gianfranco Gobbini. La sua opera pittorica, vicina all’arte moderna di Alberto Burri piuttosto che di Lucio Fontana, riporta i colori della sua terra natia, Città della Pieve, il giallo/zafferano per esempio presente nei suoi dipinti in modo esageratamente ricorrente.Una arte espressiva basata sul colore in una moderna interpretazione della natura, quella stessa natura che ci meraviglia nella Sua città, che è anche la nostra città e nel paesaggio di una terra di confine tra Umbria e Toscana, una pittura astratta senza tempo e quasi senza luogo che riporta alla modernità il concetto delle arti espressive. Una personalità che nasce nel nostro territorio, non ci arriva come fanno tanti altri personaggi famosi, lo racconta in modo astratto ma deciso, un artista che, pur essendo ancora giovane, colleziona numerose mostre in Umbria, in Italia e all’estero, premi e riconoscimenti e amato ed apprezzato ovunque. Per tutti questi motivi non potevamo quindi trascurare un’artista così importante che conosceremo meglio attraverso le pagine di questo catalogo e attraverso le quali apprezzeremo le sensazioni e le emozioni che ci regala con la generosità che gli è propria. Ecomorfosi interpreta anche temi molto cari alle istituzioni europee, che sono il principale punto di riferimento dei Gruppi di Azioni Locale, temi quali per esempio i cambiamenti climatici per mano dell’uomo, e tutto riconduce alla terra e alle sue varie forme, quelle glaciali come quelle laviche, quelle desertiche piuttosto che quelle oceaniche. Questo fermento unito ad un tripudio di colori è un inno che ricorda a tutti noi, qualcosa di familiare che ci è molto caro fin dall’età giovanile e che vogliamo con forza trasmettere alle future generazioni, sensibilizzandole, soprattutto sulla custodia dell’ambiente consapevoli che è un patrimonio a cui non possiamo rinunciare.
Direttore del Gal trasimeno-Orvietano Dott.ssa Francesca Caproni

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Art and culture are the beating heart of every civil society, personal enrichment for many of us, but also support for an economy that tends to grow in the name of "beauty" and "well-being" that helps us live at the center of a community rich in values. It is mainly for this reason that the Gal Trasimeno Orvietano has decided to marry widespread cultural activities in its main mission which is the development and support of economies with a predominantly marginal vocation, so that these territories can instead become protagonists of their own present and one's future, aspiring to a quality of life thanks to a mosaic made of environment, food and wine, landscape, traditions and sensations such as those that the artistic activity of a painter like Gianfranco Gobbini can give us. His pictorial work, close to the modern art of Alberto Burri rather than Lucio Fontana, brings back the colors of his native land, Città della Pieve, the yellow saffron for example present in his paintings in an exaggeratedly recurring way. An expressive art based on color in a modern interpretation of nature, that same nature that amazes us in your city, which is also our city and in the landscape of a border land between Umbria and Tuscany, a timeless and almost timeless abstract painting a place that brings the concept of expressive arts back to modernity. A personality who was born in our territory, does not reach us like many other famous people do, he tells it in an abstract but decisive way, an artist who, despite still being young, collects numerous exhibitions in Umbria, in Italy and abroad, awards and recognitions and loved and appreciated everywhere. For all these reasons we could not therefore neglect such an important artist who we will get to know better through the pages of this catalog and through which we will appreciate the sensations and emotions that he gives us with the generosity that is typical of him. Ecomorphosis also interprets themes very dear to the European institutions, which are the main point of reference of the Local Action Groups, themes such as for example climate change at the hands of man, and everything leads back to the earth and its various forms, glacial ones such as those of lava, those of the desert rather than those of the Ocean. This ferment combined with a riot of colors is a hymn that reminds us all of something familiar that is very dear to us from a young age and that we strongly want to pass on to future generations, raising their awareness, especially on environmental protection, aware that it is a heritage that we cannot give up.
GalTrasimeno-Orvietano Director Dr. Francesca Caproni

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Il colore ci parla. Racconta di mondi lontani, perduti nella vastità dello spazio e del tempo. Il colore è vita, ricchezza, espressività. Il colore è l’arte di Gianfranco Gobbini, pittore astratto che costruisce l’architettura dei propri dipinti attraverso complesse stratificazioni cromatiche. Apparentemente prive di struttura le sue opere celano all’interno un attento schema compositivo, necessario a che il dipinto possa trasmettere emozione semplicemente affidandosi al potere evocativo del colore: i rossi, i blu, i gialli e tutte le gamme intermedie, liberano lo spirito sulla tela formando onde di energia cromatica. Non c’è volontà di mimesi, non c’è il richiamo alla natura, semmai si potrebbe dire che quest’ultima è insita nel colore stesso. L’artista non vuole condurci in nessun luogo, ma aprirci ad un’esperienza unica, vissuta attraverso le gamme cromatiche. Farci sprofondare in abissi di colore: entrare nel mistero della pittura, circondati dalla magia dell’arte. Le masse di colore in fusione e sovrapposizione esprimono la forza dei pianeti nelle fasi originarie, cristallizzano fluidità materiche in spazi puri. Anche le sabbie ed altri materiali concorrono ad esaltare la dinamica materica di superficie, richiamando istintivamente le esperienze di quegli artisti come Alberto Burri o Lucio Fontana, che scelsero di lavorare con materiali estranei alla pittura. Questa ricerca porta Gobbini a risultati dove il colore definisce una forma che risponde solo alla propria interiorità. Nascono, in questo senso, nuove possibilità: luoghi del “sentire”, dove il “vedere” è lasciato allo spettatore. Sono nebulose cosmiche nascenti; flussi organici cellulari; pianeti in formazione; il flusso delle acque nelle foci fluviali; la potenza delle maree. Un ribollire di possibilità dove la casualità agisce come stadio predisposto al raggiungimento di un risultato sempre valido. Su tutto aleggia la tradizione statunitense del Color-field che dette origine negli anni Cinquanta alla grande stagione dell’Espressionismo astratto, dove la superficie pittorica diventava territorio riservato esclusivamente al colore in tutta la sua autonomia espressiva. Ma la forma geometrica non è del tutto negata, anzi risorge dall’amalgama pittorica come un fiore che sboccia e richiama le geometrie non euclidee. C’è un ordine nella pittura di Gobbini, ma non si tratta del consueto rigore tridimensionale cui siamo abituati, piuttosto di una dimensione frattale non estranea alle inafferrabili geometrie delle nuvole o delle galassie. Ed è innegabile il potere evocativo di queste “incubatrici di vita” che divengono metafora di conoscenza: un fiore che è allusione di vita sbocciata; che è il centro dell’universo o una finestra aperta su nuovi mondi; o forse il ventre della madre che mette al mondo nuova vita. Il colore di Gobbini prende la strada per testimoniare il mistero dell’invisibile, interpretabile solo ascoltando la propria anima; un mistero che l’arte ricorda appartenere solo all’uomo.
Dott. Andrea Baffoni

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The colour speaks to us. It tells us about distant worlds, lost in the vastness of space and time. Colour is life, richness, expressiveness. Colour is Gianfranco Gobbini’s art, abstract artist who builds the architecture of his paintings through complex chromatic layers. Apparently lacking in structure, his works hide inside a devoted compositive pattern, essential to let the paint spread emotions, simply trusting in the evocative power of colour: reds, blues, yellows and all the halfway hues, releasing the spirit in the canvas and forming chromatic energy waves.There’s no will of reproducing nature, we could say that it’s intrinsic in the colour itself. The artist doesn’t want to bring us somewhere in particular, but he wants to show us the entrance to a unique experience, which can be experienced thanks to colour shades. He wants to make us fall into a colour abyss: dive into the painting’s mystery, surrounded by art’s magic. The melting and ovelapping colour masses, express the planet’s power in the early stages, crystallizing solid fluidity in pure spaces. Even sands and other materials contribute to glorify the outward material’s dynamics, instinctively recalling the experiences of artists like Alberto Burri or Lucio Fontana, who chose to work with things unknown to painting. This research leads Gobbini to find results where colour defines a shape that only answers to his inner reality. In this way new possibilities take life, places where “to see” and “to feel” is left to the spectator. We can find forming cosmic nebulas; organic cells’ flow; borning planets; the water’s course in a river outlet; the tides’ power. A ferment of possibilities in which the randomness acts as a step to reach an answer that is always valuable and never wrong. We can surely see the US Color-field tradition fluttering above all this, as it gave, during the ‘50s, a great period to abstract expressionism, where the painting surface became a territory only reserved for colour in its expressive independence. However the geometric shape isn’t completely left aside, on the contrary it revives from the pictorial mix as a blooming flower and recalling a non-Euclideal geometry. There’s an order in Gobbini’s painting, but it’s not about the usual three-dimentional rigour that we used to know, instead it is a fractal dimension that is not extraneus to the elusive geometries of clouds and galaxies. The evoking power of these “life incubators” is undeniable and it becomes a knowledge’s metaphor: a flower that is an allusion of a blooming life; that is the center of the universe or a window opened towards new worlds; or maybe it’s the mother’s womb that is giving a new life. Gobbini’s colour takes a path to bear witness to the invisible’s mystery, to interpret listening to your own soul; a mystery that, as art always reminds us, only belongs to men.
Dr. of Art History Andrea Baffoni

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L’Accademia “Pietro Vannucci”
L’Accademia “Pietro Vannucci”, associazione culturale, nasce nel 2004 allo scadere delle manifestazioni dedicate al “Divin Pittore”, quel Pietro Vannucci detto il Perugino che del Rinascimento fiorentino fu uno dei principali protagonisti e pertanto se ne riporta un breve ritratto: Considerato tra i maggiori protagonisti dell’arte rinascimentale italiana, Pietro Vannucci detto il Perugino, nasce a Città della Pieve nel 1450 circa, per poi spostarsi a Firenze per formarsi nella bottega di Andrea Verrocchio. Si formò dunque accanto ai migliori contemporanei fiorentini nella tecnica della pittura a olio che ancora non era conosciuta in Umbria. Le opere eseguite negli anni Settanta del Quattrocento dettero gran fama al Perugino, che fu chiamato a Roma da papa Eugenio IV (1478) per decorare la Cappella della Concezione nell’antica S. Pietro, e di nuovo nel 1480 per la decorazione della Cappella Sistina in Vaticano (Consegna delle chiavi, 1481). Dopo il successo romano la sua attività fu intensissima, svolta soprattutto tra Perugia e Firenze; le sue composizioni assunsero maggior respiro e le sue figure acquistarono più solido impianto, forse anche per l’influsso dell’ambiente artistico romano. Nel corso degli anni Novanta Perugino rivela inoltre notevoli doti di ritrattista fissando un suo ideale formale della figura, creando quel tipo di bellezza femminile elegante e aggraziato, di intonazione sentimentale, che caratterizza le sue Madonne. Agli anni 1499-1507 risalgono gli affreschi del Collegio del Cambio a Perugia, eseguiti forse in collaborazione con il giovane Raffaello, già entrato nella sua bottega. Nella bottega del Perugino era del resto divenuta la più prestigiosa dell’Italia rinascimentale, e fu proprio in essa che dalla metà degli anni Novanta fece la sua comparsa il giovane Raffaello. Ma proprio la comparsa di quest’ultimo, come di Leonardo e Michelangelo spinsero le mode fiorentine a cambiare direzione. Perugino torna dunque stabilmente in Umbria, affrescando nella città natale, ma anche producendo opere per altre importanti committenze come la Pala dell’Assunta realizzata per Corciano. Muore a Fontignano nel 1523, dove tutt’oggi è ubicata la sua tomba. L’associazione nasce dall’esigenza di realizzare attività di solidarietà attraverso conferenze e raduni socio-culturali, che siano in grado di garantire la completa realizzazione della persona. Fonte di ispirazione sono le Accademie sette-ottocentesche, dove si incontravano persone di culture diverse per discutere fra loro di arte, poesia, musica, rivolgendosi ad un pubblico il più possibile eterogeneo. Uomini e donne di qualunque età e cultura che vogliono condividere interessi e passioni, approfondimenti, conoscenze, non solo della propria cultura (scultori, musicisti, pittori, giornalisti ecc. Il nostro motto è “Considerate la vostra semenza: fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e canoscenza”. Dante, Inferno canto XXVI versi 118/120. Nel corso degli anni sono state organizzate mostre di pittura con artisti: Marta Mangiabene, Bonaventura da Cervo, Giuseppe Riccetti, Umberto Raponi, Luciana Bartella, Gianfranco Gobbini. Mostra di scultura di Pietro Saracini. Presentazioni di libri: Dacia Maraini “Chiara di Assisi”, il criminologo Cinzia Mammoliti “Viaggio nelle spine della manipolazione”; Stefania Ricci “Dall’Amore cieco all’amore consapevole”. Concorso di giornalisti, sul tema “I borghi più belli d’Italia”. Concorso Letterario, “Accogliere la vita che nasce”. Conferenze realizzate con la presenza del Generale Luciano Garofano, Marco Strano, Francesco Caccetta e Evaldo Cavallaro.
Presidente dell'Associazione "Pietro Vannucci" Marcella Binaretti

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THE “PIETRO VANNUCCI” ACADEMY
The “Pietro Vannucci “ academy, cultural association, was born in 2004 , at the end of the manifestations dedicated to the “Divin Pittore” (the divine painter), Pietro Vannucci, called “the Perugino”, who was one of the main actors of the Florentine’s Reinassance and so we report a brief sketch: Considered amongst the major characters of the italians’ art of Reinassance, Pietro Vannucci, also known as Perugino, was born in Città della Pieve around 1450, to move then moved to Florence where he studied in the Andrea Verrocchio’s workshop. So he trained together with the best florentine peers in the oil painting technique which wasn’t known in Umbria yet. The works done during the ‘70 of the XV century gave the a Perugino huge celebrity, and he was called to Rome from pope Eugene IV (1478), to decorate the “Conception chapel”, in the ancient St. Peter’s and again in 1480 for the Sistine Chapel in the Vatican (Key’s delivering, 1481). After his fame in Rome his activity was very intense, mostly between Perugia and Florence; his compositions acquired a deeper breath and his figures gained a solid implant, maybe also thanks to the roman artistic influences. During the ‘90s Perugino also reveals an impressive talent for portraits, fixing a personal ideal of the figure, creating an elegant and graceful standard of feminine beauty, with sentimental tones, which characterizes his Madonnas. The frescos of the “Collegio del Cambio” in Perugia date back to the 1499-1507 period, maybe performed together with the young Raffaello, who was already working in his studio. This atelier had became the most important in Italy during the Reinassance period and it was here that made his first appearance Raffaello. But just his debut, like Leonardo’s and Michelangelo’s pushed the florentine trends to change direction. Perugino returns to Umbria, making frescos in his hometown, but also working for other important clients, such as the “Pala dell’Assunta”, made for Corciano. He dies in Fontignano in 1523, where up till now we can find his grave. The association was born with the need to give solidarity through meetings and cultural conventions, that can be able to guarantee the person’s complete fulfilment. A big source of inspiration were the academies of XVIII-XIX century, where people from different cultures used to discuss art, poetry, music, speaking to the most heterogeneous audience. Men and women of all cultures and ages who want to share passions and interests, knowledge and detailed analysis, not only of one’s own culture (sculptors, musicians, painters, journalists etc..). Our motto is “Considerate la vostra semenza: fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e canoscenza”. Dante, Inferno canto XXVI vv. 128/120 (“You weren’t made to live as brutes, but to follow virtue and knowledge”). Through the years we organized a lot of painting exhibits with artists such as: Marta Mangiabene, Bonaventura da Cervo, Giuseppe Riccetti, Umberto Raponi, Luciana Bartella, Gianfranco Gobbini. Pietro Saracini’s sculpture exhibit. Books presentation: Dacia Maraini “Chiara di Assisi”, il criminologo Cinzia Mammoliti “Viaggio nelle spine della manipolazione”; Stefania Ricci “Dall’Amore cieco all’amore consapevole”. Journalists’ contest on the subject “Italy’s most beautiful villages”. Literary contest, “Welcoming the borning life”. Various meetings realized with the presence of the general Luciano Garofano, Marco Strano, Francesco Caccetta and Evaldo Cavallaro.
President "Pietro Vannucci" Academy Marcella Binaretti

IT

GIALLO COME L’ORO
Nel corso della propria ricerca Gobbini si sofferma spesso sul colore giallo. Molte delle sue opere hanno come protagonista questo pigmento, in alcuni casi steso in forma compatta, altre attraverso dialoghi informali con colori opposti o semplicemente diverse tonalità. Nella scala cromatica il giallo occupa la posizione immediatamente successiva al bianco e simboleggia l’energia del sole. Non a caso in Cina è simbolo di saggezza. Questa naturale tendenza al giallo ha trovato oggi una nuova forma di espressione, sfruttando un elemento naturale che l’artista reperisce nel proprio territorio: lo zafferano. Da sempre, infatti, i colori si sono ottenuti attraverso elementi naturali di origine vegetale, animale o minerale. Non è dunque inusuale sfruttare uno di essi per ricavare una specifica pigmentazione. Da ricordare, a proposito, l’uso che nell’antica Persia si faceva dello zafferano, derivando il suo nome proprio dal persiano “safra”, cioè “il giallo”, rimandando al tema dell’oro, della luce e quindi della saggezza, e per questo utilizzato in alcune funzioni sacre. Anche gli abiti dei monaci buddisti, non a caso, erano anticamente tinti con lo zafferano ed anche lo storico Plinio ricorda come i Fenici si servissero dello zafferano per dipingere le loro stoffe. Una tradizione che affonda le proprie radici nel tempo e che Gobbini recupera realizzando una serie di opere dove il colore giallo è esclusivamente ricavato attraverso lo zafferano. Da qui emergono le variegate cangianze cromatiche dall’arancio al giallo oro, a seconda della diluizione, ma sempre alternate alla consueta pittura informale che contraddistingue Gobbini. Emerge la forma ancestrale e reinterpretata del fiore, talvolta assumendo conformazioni estranee alla sua stessa natura. È piuttosto l’energia che ne deriva, il potere evocativo cui vuol giungere Gobbini, in parte omaggiando qualcosa che appartiene alla propria tradizione territoriale, ma soprattutto esaltando il valore cromatico di questa sostanza rara e pregiata, considerata alla stregua dell’oro nell’ambito culinario per la difficoltà di reperimento ed il conseguente alto costo. Dunque una preziosità materiale e immateriale, perfetta per esprimere ancora una volta ai massimi livelli il mistero di una pittura che affida al colore il compito di raccontare la nostra storia e le nostre tradizioni.
Dott. Andrea Baffoni

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YELLOW LIKE GOLD
During his research Gobbini often insists on yellow colours. Many of his works have this pigment as a main character, sometimes spread in a uniform way, some other times through informal dialogues with opposite colours or simply differnt tones. In the chromatic range yellow occupies the position just next to white and it symbolizes the sun’s energy. It’s not a coincidence that in China it’s a symbol of wisdom. This natural inclination towards yellow finds today a new style, taking advantage of a natural element that the artist finds in his own territory: the saffron. In fact men are used to obtain, eversince, different pigments starting just from natural ingredients, extracting them from plants, animals or minerals. So it’s not unusual to take advantage of one of them to get a precise pigmentation. We should remember, for this reason, the use of saffron in ancient Persia (its name derives from the Persian word “safra”, which means “yellow”) recalling gold, light and so wisdom and for this reason often used during sacred ceremonies. Also the Buddhist monk’s dresses, were, in past times, dyed in saffron and the historian Plinio remembers how Phoenicians as well used saffron to dye their textiles. A tradition that has deep roots in time and that Gobbini retrieves realizing a series of works where yellow is exclusively obtained from saffron. It is because of this that we can feel the varied chromatic shades from orange to gold, depending on the diluition, but always alternated with the usual informal painting that characterizes the artist. We can see flower’s ancestral shape emerging and being reinterpreted, sometimes acquiring forms that are unknown to his nature too. It’s rather the energy that derives from that, the evocative power that is Gobbini’s aim, maybe honouring something that belongs to his local culture, but mostly glorifying the chromatic value of this precious and rare substance, considered like gold in the culinary framework, for how hard it is to find and for the resulting high price. In the end a tangible and intangible preciousness, once again perfect for expressing to the highest levels the mystery of a painting style that gives colour the custody of telling our story and our traditions.
Dr. of Art History Andrea Baffoni